In Italia il pomodoro fece la sua comparsa negli anni della dominazione spagnola. Fu il Vicerè di Napoli che, dalla Spagna, lo importò nel Meridione d’Italia il cui clima favorevole diede vita a frutti più grandi e di colore arancione-rosso così attraenti da spingere il popolo al loro consumo. Gli Italiani del Sud, dunque, conobbero il pomodoro quasi un secolo prima di tutti gli altri paesi Europei gustandoli, tra l’altro, nei più svariati modi: crudi o cotti, in salsa o fritti nell’olio, nelle minestre o nelle zuppe. Divenne fin da subito l’alimento base del popolo meridionale; ci volle la spedizione garibaldina dei Mille per la sua diffusione nel Nord. In Europa, il pomodoro fu conosciuto durante le pestilenze e le carestie dei secoli XVII e XVIII quando, mancando il grano non solo la plebe, ma anche i ricchi, dovettero cercare alimenti alternativi. In Gran Bretagna e in Germania, le bacche vennero utilizzate per preparare minestre dal caratteristico sapore acidulo, mentre in Francia la corte dei re le impiegò per “piatti afrodisiaci”. Fu nel 1890, dopo l’Unità d’Italia, che Francesco Cirio decise di insediare i suoi stabilimenti produttivi a Napoli ove il pomodoro era ormai una realtà ben abbinata alla pasta proveniente dalla vicina Gragnano (i maccheroni).